giovedì 21 febbraio 2008

Il Pd e l'autonomia federale. Statuto nazionale e statuti regionali


Dopo aver presentato i capitoli dello Statuto nazionale relativi ai soggetti fondamentali della vita politica del partito, gli elettori e gli iscritti, provo ad analizzare il capitolo terzo sui principi che regolano l’autonomia federale e gli articoli relativi ai mandati e alle candidature.

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Nello Statuto nazionale c'è un capitolo significativo sul federalismo, il terzo, dedicato al tema dell’autonomia e dei poteri delle strutture territoriali del PD. Tutto quello che non è riconducibile ai principi dello Statuto nazionale può essere disciplinato dallo statuto del Partito Democratico delle singole regioni. Sono due gli aspetti fondamentali e generali dell’autonomia statutaria. Il primo è relativo alla forma organizzativa del partito, che può essere decisa da ogni singola regione. Il principio fondamentale che lo Statuto nazionale impone a quelli regionali è l’elezione diretta da parte degli elettori del Segretario politico e della assemblea regionale, con la contestuale determinazione dell’indirizzo politico. L’impostazione federalista del PD è qualificata anche dal riconoscimento dell’autonomia degli organi regionali nelle decisioni politiche. Prendiamo il tema delle alleanze. Lo Statuto consente al PD regionale l’autonomia nelle scelte politiche a qualsiasi livello locale: regionale, provinciale e comunale. Siamo di fronte ad una affermazione importante. Il fatto che si possa e si debba avere per Statuto questa possibilità, non significa che il partito non abbia una linea politica nazionale unitaria ma significa riconoscere che in ambito locale può essere ammessa una scelta politica differente, anche non simmetrica rispetto a quella nazionale. Ad esempio, se il Partito Democratico della Sardegna volesse fare un’alleanza con il Partito Sardo d’Azione, potrebbe farla senza chiedere il permesso. In astratto, potrebbe farla anche con un partito (alla sua destra o alla sua sinistra) che a Roma sostiene Berlusconi. Una procedura che non sarebbe stata possibile attuare in passato. Unico limite di natura statutaria è quello che la scelta politica non vada ad alterare l’identità del partito, entrando in contraddizione con il Manifesto dei Valori e con il Codice Etico (art. 12). Gli statuti regionali dovranno decidere come si organizzeranno le realtà provinciali e cittadine o le altre dimensioni territoriali che esso prevederà. Agli statuti regionali spetterà anche la scelta di elezione diretta dei segretari anche per le province e i comuni. A tutto questo si aggiunge un altro aspetto importante, che non era previsto da tutti i partiti confluiti nel PD (e non è previsto dall’attuale legge di finanziamento pubblico dei partiti), quello del 'federalismo finanziario'. Il finanziamento pubblico dei partiti mediante i rimborsi elettorali che dipendono dalle elezioni regionali e locali va al partito regionale. L'impostazione federalista si completa con l'introduzione di una rappresentanza delle regioni, eletta autonomamente dalle liste collegate alla segreteria nazionale, di 300 persone che vanno ad aggiungersi ai mille dell'Assemblea Costituente nazionale in rappresentanza delle regioni. Ovviamente, la delegazione delle regioni, non essendo stata eletta in collegamento con il segretario nazionale, non può partecipare (insieme alla delegazione dei parlamentari nazionali) al voto che chiedesse la revoca del segretario politico nazionale. I segretari regionali affiancano la delegazione regionale nella Assemblea nazionale e costituiscono poi la Convenzione nazionale dei segretari, una struttura che serve a raccordare le politiche regionali del PD con quelle nazionali. Una volta approvato lo Statuto, i principi fondamentali valgono per le scelte che si faranno a cominciare da queste elezioni politiche. Circa i mandati per le candidature, è previsto un limite massimo di tre mandati (da intendersi come durata di tre mandati pieni, dunque quindici anni) solo per il Parlamento nazionale ed europeo. Non è obbligatorio raggiungere il limite massimo consentito. Rispetto alle prime versioni della proposta di Statuto il criterio è diventato più restrittivo, perché le legislature non devono essere consecutive. La norma riguarda il ciclo della vita politica della persona. Valgono tutte le legislature realizzate, anche quelle anticipate e separate da eventuali interruzioni, e la disposizione è retroattiva, si applica anche ai parlamentari uscenti. Su questo tema mi sento di fare una considerazione: il rapporto tra l’esperienza politica regionale e nazionale, e quello del cumulo dei mandati è meno sentito nelle altre regioni rispetto alla Sardegna e forse alla Sicilia. In Sardegna è più sentito perchè nella storia dei grandi partiti di massa, tranne qualche eccezione, è diventata una prassi usuale fare prima il consigliere regionale per diverse legislature e poi intraprendere l’esperienza legislativa nazionale e questo ha procurato finora l’accesso all’esperienza parlamentare nazionale di un personale politico più anziano della media delle altre realtà territoriali. Anche questo aspetto del limite dei mandati viene affrontato in senso federalista e autonomista dalla carta fondamentale: il Partito Democratico, infatti, riconosce agli statuti regionali la possibilità di determinare limiti ai mandati diversi nell’ambito di ciascuna regione. La regola dei tre mandati non è obbligatoriamente da trasferire in ambito regionale, nel senso che una regione potrebbe anche optare per un periodo più breve o più lungo. Lo statuto regionale potrebbe decidere di considerare il cumulo temporale dei mandati facendo valere anche quelli realizzati in consiglio regionale, ovvero nell’esecutivo regionale o a capo di province e comuni capoluogo, nel senso di vincolare gli iscritti al PD sardo interessati all’esperienza legislativa nazionale alla regola per cui in caso di superamento dei quindici/venti anni occorra comunque una deroga innanzitutto dalla regione interessata. Le deroghe al limite dei mandati nazionali potranno essere decise entro il numero massimo del 10% dei parlamentari uscenti. In vista delle prossime elezioni politiche potranno essere non più di 28 in tutta Italia; ci saranno quindi circoscrizioni, alla Camera o al Senato, dove la deroga non potrà essere concessa dal Coordinamento Nazionale.

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