Provengo dalla cultura politica del cattolicesimo democratico e so che l'aggettivo "cattolico" è un aggettivo "apolitico". Intendo dire che i cattolici impegnati in politica devono contribuire a costruire un progetto politico in uno Stato laico e non confessionale. Un cattolico vota un partito per il progetto politico che propone, non per il richiamo ad una dimensione religiosa o di fede.
Ho letto poi i dati del sondaggio Coesis Research effettuato su un campione selezionato di 505 soggetti rappresentativi dei cattolici italiani e pubblicato nel numero di oggi del diffuso settimanale "Famiglia Cristiana".
Alla domanda se si ritiene che un cattolico possa votare uno schieramento comprendente anche il Partito Radicale il 40% degli interpellati ha risposto positivamente, il 25% non ha espresso giudizio, il 35% si è detto contrario.
Ma la ciliegina arriva con il quesito su quali dovrebbero essere le priorità da affrontare nei primi cento giorni della nuova compagine governativa. Solo il 7% ha pensato alla revisione della legge 194 sull’aborto e il 5% ad una nuova legge maggiormente severa sulla droga. Il 3% si è addirittura spinto a ipotizzare una legge sulle coppie di fatto (Dico).
Su una graduatoria di quattordici temi, il più gettonato (75%) è risultato l’aumento dei salari, seguito (50%) dalla riduzione del numero dei parlamentari e (44%) dalla riduzione delle tasse alle famiglie con figli.
Dicono qualcosa o no queste percentuali? A me si.
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